Intervista a Marco Steiner, scrittore e collaboratore di Hugo Pratt, sulla raccolta pubblicata da Rizzoli Lizard delle storie ispirate al celebre giornalista americano vincitore del Pulitzer

 

La follia della guerra, senza buoni e cattivi, senza vincitori e vinti, senza una bandiera che sventola su un’altra. Ma solo l’umanità ferita dagli uomini, con le proprie debolezze, le paure, i soprusi, le vigliaccherie. Temi di oggi, largamente condivisi, ma scritti 60 anni fa, raccontati da due artisti d’eccezione e raccolti in un volume che ristampa autentiche pagine di storia. 

Tutto questo, e probabilmente molto di più, è Ernie Pike, la raccolta delle 34 storie a fumetti disegnate da Hugo Pratt e sceneggiate da Héctor Oesterheld tra il 1957 e il 1961 in Argentina e pubblicati oggi dalla Rizzoli-Lizard. Un tomo di 464 pagine dedicato a tutti i ragazzi dai 70 anni in giù. Questa versione, che tra l’altro contiene due storie inedite (Lord Crack e La Ferita), è stata messa insieme con un lavoro certosino di recupero delle strisce e della loro riedizione da parte di Marina Pratt (figlia di Hugo), Patrizia Zanotti e Marco Steiner che sono andati nella casa museo di Guillermo Eduardo Parker, un importante collezionista di Pratt, a 400 km da Buenos Aires.

Ne parliamo allora con Marco Steiner, già collaboratore di Hugo Pratt nella stesura dei suoi romanzi (Una ballata del mare salato, Corte sconta detta Arcana) e successivamente affermato scrittore con Il corvo di pietra e Oltremare (con cui ha vinto nel 2018 il premio Salgari dedicato alla letteratura d’avventura), L’ultima pista e Isole di ordinaria follia.

Cosa ha significato per Hugo Pratt il sodalizio con Oesterheld?

“Parliamo di due grandi personalità. Di Pratt sappiamo tutto ma anche Oesterheld è una figura importante: scrittore argentino di spessore, ha creato l’Eternauta ed è stato ucciso dal regime militare dei generali di Videla. Credo che molta della profondità sviluppata da Pratt nel suo lungo cammino artistico sia merito della sua collaborazione con Oesterheld. Gia nel 1957 il talento artistico di Pratt è indiscutibile ma la profondità del racconto delle storie di Ernie Pike è in parte merito di Oesterheld”.

Pratt è sempre stato affascinato dal mondo militare: come si concilia la sua passione nel disegnare le divise con il ripudio della guerra?

“Secondo me un ragazzino di 13 anni che viene portato in Africa durante la guerra, viene impressionato da quel mondo estremo. Ma poi vede suo padre finire in campo di prigionia e morire, vede suo padre che come ultima cosa gli regala L’Isola del tesoro di Stevenson e gli dice: “Un giorno anche tu troverai la tua isola del tesoro”. E’ tutta una scoperta: l’amicizia con gli ascari, i servitori eritrei, le figlie dei soldati e la scoperta dell’universo femminile, le divise inglesi, i cammelli, la polvere del deserto…Quando poi va in Argentina inizia a disegnare e a quel tempo i fumetti erano le storie di guerra e le storie del west. Per Pratt la guerra è un teatro estremo che tira fuori dall’uomo la vera umanità. Non ci sono i buoni e i cattivi, ma solo gli uomini che si comportano come uomini. E da questo mondo estremo della guerra Pratt non prende mai una posizione ideologica. A lui interessa l’aspetto umano, raccontando quello che ha visto e vissuto. I personaggi sono veri. Non c’è bandiera, non ci sono i cattivi. Pratt rideva sulla inutilità di tante prese di posizione. Non è disinteresse o menefreghismo, sapeva che la guerra avviene per motivi economici, non perché i buoni attaccano i cattivi. Pensa, se mai, più alle vittime e le vittime non hanno bandiera. A lui interessa l’uomo ma senza farlo troppo pesare, senza falsi moralismi. Ecco dunque il senso della sua famosa affermazione Il desiderio di essere inutile. Tutti quelli che leggono una storia, alla fine si pongono delle domande e questo è l’obiettivo di Pratt. Pratt è un apritore di porte. La pesantezza è assente. Ti prende sotto braccio e ti racconta”.

Ernie Pike è ispirato a un personaggio vero…

“Sì, il reporter di guerra americano, e vincitore del premio Pulitzer, Ernie Pyle, morto tra l’altro in combattimento a Okinawa nel 1945. Pensa che il reportage più famoso di Pyle è The death of captain Wascow che ha ispirato il film I forzati della gloria con Robert Mitchum che Pratt adorava. C’è un filo che lega la storia, la guerra, la scrittura, il cinema, tutte cose che Hugo amava. Certo, era una guerra diversa rispetto ad oggi: lì c’era l’attacco alla collina cosa che oggi con la tecnologia e l’intelligence non è più concepibile. Ma l’uomo, con le sue forze e le sue debolezze, sempre quello è. Ed è per questo che per tanti versi Ernie Pike è ancora attuale, perché parla degli uomini”.

Fabrizio Paladini

 

 

Ernie Pike Integrale, edito in italiano da Rizzoli-Lizard